Piccolo album veneziano

Venezia alla fine dell’estate riprende fiato. I turisti sono ancora molti, ma non intralciano i vagabondaggi per la città. Quando non piove le mattine sono fresche e azzurre, i pomeriggi caldi e rosati, le sere tiepide e brunite.

Dalla terrazza di un ristorante sulla Giudecca osservo Punta della Dogana. L’intelaiatura della struttura metallica si tramuta in cornice. Venezia è fatta per essere inquadrata: dalle vedute di Canaletto ai fotogrammi di Visconti, dai disegni di Ruskin alle fotografie scattate con il cellulare, la magia rimane intatta.

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A Venezia la realtà e la sua rappresentazione dialogano continuamente: a seconda dei casi si intersecano, si contrappongono, si fondono. Una porta dal vetro perfettamente riflettente attira la mia attenzione. La ragazza seduta si trova dalla mia stessa parte oppure al di là del vetro?

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Non tutte le cornici sono rettangolari… a Venezia se ne trovano anche di rotonde, simili a monocoli o lenti di ingrandimento: questa mi ha svelato una gondola di passaggio in prossimità del Ponte di Rialto.

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A Venezia la realtà si frammenta e si moltiplica in infiniti giochi di specchi. Nel cortile del Conservatorio di Musica “B. Marcello” trovo un’installazione di sculture a forma di goccia, che deformano le geometrie del seicentesco Palazzo Pisani.

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Lo specchio gigantesco in cui tutta la città si rimira non è altro che l’acqua, che nel Canal Grande si diverte a frastagliare i profili dei palazzi – forse per ricordarci la fragilità delle creazioni umane. Ma quando passa la regata storica i pensieri esistenziali svaniscono, inghiottiti dallo sciabordio dei remi e dai nostri applausi.

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Di fronte a un tale tourbillon di apparenze non è un caso che innumerevoli artisti, scrittori, musicisti e uomini di teatro abbiano trovato in Venezia una confidente segreta, esperta in mascheramenti d’ogni sorta. Tra questi Sergei Diaghilev, sepolto nel cimitero cittadino sull’isola di San Michele a pochi metri dall’amico Igor Stravinsky. Sulla sua tomba non mancano mai fiori e piccoli omaggi; io vi ho trovato delle scarpette da ballo.

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Venezia è effettivamente un’immensa scenografia teatrale: le vie di terra sfociano in piazze chiamate campi o campielli, delimitati da muri e facciate spesso simili a scenografie posticce. Se un regista si aggirasse per il sestiere di Cannaregio, sarebbe sicuramente conquistato dallo scorcio del Campo de l’Abazia.

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Camminando per Venezia si immaginano mille storie e avventure. Gli intrichi labirintici delle calli e dei canali più stretti lasciano intravedere intrighi amorosi, drammi borghesi o commedie popolari. Chi sarà entrato da quel portone il 1° settembre del 1713? Di chi era la stanza protetta da quell’inferriata? Quanti baci sono stati rubati nel cortile interno da cui si protendono quei rami?

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Gli spazi più aperti invitano invece a fantasticare di viaggi verso terre lontane, magari a bordo di un veliero

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Quando torneremo in città, carichi di spezie e tessuti pregiati, potremo venderli a caro prezzo, oppure barattarli con forniture di pesce freschissimo al mercato di Rialto.

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Mentre sono in viaggio, lontano da Venezia, sfoglio il mio piccolo album fotografico e vi scopro casualmente una fotografia sgualcita, probabilmente antica, finita lì dentro chissà come…

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